Una chiesa sconsacrata, un animale sacrificato, un neonato brutalmente martoriato: quanto basta per far aprire un'indagine in cui Marco ...

Una chiesa sconsacrata, un animale sacrificato, un neonato brutalmente martoriato: quanto basta per far aprire un'indagine in cui Marco Corvino si troverà coinvolto. A distanza di venticinque anni dalla cattura di uno spietato assassino, il giornalista sarà di nuovo al centro di una macabra inchiesta: una vicenda di riti satanici che seguirà passo dopo passo per il suo giornale. Dovrà fare i conti, suo malgrado, con un mondo di cui ignorava l'esistenza, popolato da sensitivi, esorcisti, maghi, adepti del Candomblé e della Santería, ma anche con figure pericolose, potenti e prive di scrupoli. Travolto da una relazione passionale e clandestina e perseguitato da eventi inspiegabili, diventerà ben presto preda di un turbamento profondo che assumerà il volto del terrore. Le sue certezze vacilleranno per lasciare spazio a interrogativi senza risposta. Una vicenda inquietante che lo condurrà a una cruda verità: le cose spesso nascondono un volto oscuro e sono ben diverse da come appaiono.

 

Nonostante una prosa scorrevole e veloce infatti, il romanzo di Massimo Lugli risulta a chi lo legge una semplice successione di fatti di cronaca nera, dai delitti in famiglia ai suicidi, totalmente privi di qualsiasi emozione.
Il tema centrale del libro poi, quello che dovrebbe monopolizzare la narrazione delle 280 pagine, viene trattato in modo sommario, quasi dimenticato.
Marco Corvino, il giornalista di “nera” protagonista del romanzo, si ritrova ad inseguire un’inchiesta che dovrebbe portarlo ad indagare nel lato oscuro di una città, tra maghi, stregoni vudù e culti satanici. Dovrebbe. Lo sviluppo della storia invece smentisce il tutto.
Oltre ad una caratterizzazione banale del protagonista che viene presentato al lettore venti anni dopo il suo più grande successo giornalistico( fatti narrati in un altro romanzo di Lugli dal titolo “il carezzevole”) come un uomo che ha fallito su tutti i fronti, dalla sua carriera alla famiglia, il lettore si ritrova a vivere più le sue turbe psicologiche dovute alla relazione clandestina che intrattiene con una donna, di nome Lidia, che non alle vicissitudini della sua inchiesta giornalistica. Gli stessi personaggi che fanno da contorno alla storia, dai colleghi giornalisti a tutti “i rappresentanti” del mondo dell’occulto appaiono come delle comparse anonime che non aiutano affatto lo sviluppo e l’identità del romanzo stesso.
A prova di ciò il libro ha una conclusione che definire deprimente è un eufemismo: brusca, senza alcun colpo di scena( in questo forse rimane coerente con tutto il flusso del romanzo) totalmente anonima.
Il più grosso neo che si può riscontrare nella lettura di questo romanzo è il fatto forse di essere troppo autobiografico: ricordando che M.Lugli è giornalista di “nera” dal 1985 presso il quotidiano “La Repubblica”, sembra quasi che abbia voluto “frullare” in un unico calderone tutte le sue passioni, compresa quella delle arti marziali praticata ovviamente anche dal Corvino con l’unico risultato di rendere totalmente anonimo e banale il protagonista del romanzo.

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