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Una serie di brevi racconti dal carcere che si leggono con molta facilità per lo stile semplice e chiaro, e che si distinguono da altri del ...

Una serie di brevi racconti dal carcere che si leggono con molta facilità per lo stile semplice e chiaro, e che si distinguono da altri del filone carcerario per come vengono affrontati quelli che sono avvenimenti cruciali della storia delle carceri italiane negli anni ‘70 e ‘80: questo è I duri di Giuliano Naria. Con in più una vena scanzonata ed ironica.

Leggere questo libro è stato per me come fare un viaggio nel passato: di quel mondo, così com’è narrato, e che io conosco fin troppo bene, è rimasto infatti ben poco.

Personaggi che uno dopo l’altro si affacciano sul proscenio di un palco immaginario per fare il loro monologo: e anche se ad ognuno sono concesse solo poche pagine, ne escono delineati in tutto il loro spessore. Uomini sempre sul chi vive, che lasciano poco al caso, dei duri appunto!
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I Duri, storie, volti e voci del popolo della mala.

Se cercate "l’assassino" questa volta non guardate al classico maggiordomo, il colpevole di tanti gialli. Quel mondo non è stato annientato da un killer spietato, non è stato vinto dalla durezza delle carceri speciali, non e stato piegato dal trattamento duro a cui erano sottoposti i detenuti. Tutt’altro.

La violenza era diventata una sorta di sistema.

La violenza non era in quegli anni solo in chi commetteva atti anche molto efferati, era diventata una sorta di sistema, e non hanno disdegnato di ricorrervi anche quelli che questa violenza dovevano combatterla. I circuiti speciali erano spesso un inferno! E quello delle tentate evasioni, dei conflitti continui con l’istituzione carceraria, della legge del più forte era l’unico modo per sopravvivere in quelle condizioni.

Le guerre che nascevano negli speciali si ripercuotevano anche nei circuiti normali.

Le guerre che nascevano negli speciali si ripercuotevano anche nei circuiti normali, con ritorsioni ed a volte anche uccisioni di amici o appartenenti a gruppi rivali. Tanto sangue è stato versato e tanti ragazzi si sono rovinati per "prendere punti".
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Sono molti i detenuti entrati allora in carcere per scontare pochi anni e che poi, nel giro di poco tempo, hanno raddoppiato. triplicato la loro pena.

Sovente si è rischiato di uccidere o di essere uccisi.

Sovente si è rischiato di uccidere o di essere uccisi, quella storia oltre ad essere scritta sui fascicoli personali e delle Corti di Assise, è scritta anche sui nostri corpi e nelle nostre coscienze.

I racconti dei detenuti.

Dal breve racconto di Davide: "Nel gergo della mala il carcere è chiamato la casa del nulla, per indicare un mondo che non è un mondo, regolato dall’assoluta violenza e fissato indefinitamente dalla pena a un attimo del tempo passato assunto a misura di ogni cosa".

Leggere questa frase e capirla veramente ti fa venire le vertigini.
I Duri, storie, volti e voci del popolo della mala, una serie di brevi racconti dal carcere.Twitta
Leggetela più di una volta, poi chiudete gli occhi e piombate per qualche secondo in quella dimensione.

Il 70% di chi e in carcere oggi, parlo dei circuiti normali, sono quelli che noi definivamo i turisti, con la mentalità da turista, ed ancor prima di entrare in cella ha già fatto i conti e studiato la strategia per ottenere permessi, semilibertà, etc..

La legge Gozzini.

Intendiamoci, non lo ritengo affatto negativo lo dico solo per sottolineare come l’ambiente sia mutato, e come la tanto criticata legge Gozzini abbia contribuito a creare un clima più a livello d’uomo, riducendo la conflittualità e facendo in modo che anche a chi è rovinato sia lasciato un barlume di speranza.

Il libro di Giuliano Naria.

Il libro di Giuliano Naria, attraverso i racconti dei protagonisti di quegli anni, pur con la componente mitica, l’auto esaltazione che caratterizzano la narrazione delle loro imprese, fa emergere il forte legame che nasceva in carcere tra compagni di sventura, ma sicuramente ne mette in risalto anche le contraddizioni.

Forse non sono la persona più adatta per parlare di questo libro, perché nutro un certo senso di nostalgia, venata di sentimentalismo, verso quegli anni, che, se pure resi duri dagli scontri, dalle rivolte. dagli accoltellamenti, hanno rappresentato per me gli anni della formazione del mio carattere e, nonostante a qualcuno possa sembrare strano, anche di una profonda formazione intellettuale.

Ricordo che leggevamo moltissimo.

Che cosa ricordo soprattutto? Che leggevamo moltissimo. Tra le cose positive c’erano i gruppi di studio autogestito dove "masticavamo", forse con un po’ di empirismo, di tutto.

Non rimpiango niente perché sono abituato a guardare al domani. Con il senno di poi è tutto troppo facile, è chiaro che tanti errori certamente non li commetteremmo Per quel che riguarda l’oggi, quello che non mi piace è che spesso il carcere spinge l’individuo sul terreno dell’ipocrisia, e molte sono le cose che mi rattristano, come ad esempio la scarsa solidarietà tra noi.

Cambiano i tempi, cambiano le regole, siamo cambiati molto anche noi del popolo delle prigioni. In meglio?

Mi piacerebbe sperarlo. 
 
Giuliano Naria, militante della nuova sinistra negli anni della contestazione, nel 1976 viene arrestato con l’accusa di omicidio e di appartenenza alle Brigate Rosse. Dopo sette anni di carcerazione preventiva, viene giudicato e assolto, ma ottiene la libertà solo nel 1985. E’ morto a Milano nel 1997.



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