Taki Ongoy è la rivendicazione dei popoli indigeni nella voce del cantautore argentino Victor Heredia.
Taki Ongoy II (in quechua: “La enfermedad del canto”) è un album pubblicato nel 1986 dal cantautore argentino Víctor Heredia. Si tratta di un'opera concettuale che ricorda l'omonimo movimento politico e culturale indigeno (scritto anche Taki Unquy), sorto sulle Ande peruviane nel corso del XVI secolo contro la recente invasione spagnola.
Victor Heredia, 38 anni dopo, sta ancora realizzando il suo “Taki Ongoy”, quel disco che contribuì a risvegliare le coscienze e che divenne un simbolo dell'America Latina e una delle opere concettuali più importanti della musica argentina.
Questo disco (anche dal vivo con l'Orquesta Juvenil Sinfónica), stava ricreando un disco attraverso il quale migliaia di persone hanno appreso la “storia dei vinti” attraverso questo lavoro.
Del vaiolo e delle febbri portate dagli spagnoli; dei 56 milioni di indigeni massacrati; dell'ingresso sanguinario di Pizarro a Cuzco nel 1531 o del tradimento di quest'ultimo e del sacerdote Valverde, che si concluse con lo smembramento di Atahualpa; della ribellione di Tupac Amaru terminata con la testa sulla picca; della rivolta della Diaguita del 1630 sotto il comando del coraggioso Juan Chalimin per vendicare e nobilitare il suo sangue o degli otto milioni di morti nelle miniere di Potosi, della rivolta delle Valli Calchaquies, una guerra durata 130 anni; 13 anni di terrore e il resto di continue rivolte di persone che cercavano di difendere territori soggiogati da un'altra cultura.
E, soprattutto, che la Patria ha 20mila anni. Indubbiamente, l’opera ha raggiunto il suo obiettivo di opera stimolante che risveglia le coscienze.
L'opera originale.
All'album originale hanno partecipato gli artisti Juan Carlos Baglietto, Jorge Fandermole e Mercedes Sosa.
L'album è stato ripubblicato nel 2006, in occasione del suo ventesimo anniversario, anno in cui Víctor Heredia ha offerto una serie di concerti al Teatro dell'Opera. Quell'anno l'opera fu dichiarata di Interesse Educativo dal Ministero Nazionale della Pubblica Istruzione.
In questa nuova riedizione, Babú Cerviño (pianoforte e tastiere), Panchi Quesada (chitarra), Ricky Zielinsky (basso), Gustavo López (batteria), Víctor Carrión (aerofoni) e Gabino Fernández (tastiere) hanno costituito una piattaforma sonora ideale, decisamente all'altezza del lavoro. Ognuno con la sua partitura, seguendo il tono epico, preciso e chiaro di Heredia. E illuminando brani con arrangiamenti melodicamente impeccabili (“Ella está conmigo” e “Un pedazo de mi sangre” in particolare) o aggiungendo tocchi funk alla versione già ritmata di “La puerta del Cosmos”.
Struttura dell'opera
Di seguito la descrizione dei brani che compongono l'album:
Prima parte Seconda parte Terza parte Quarta parte Quinta parte Sesta parte Settima parte
Testo n. 1
Discorsi dei saggi e degli anziani (Nahuaxl - Nuahatlacolli)
Ventimila anni Patria
Taki Ongoy
La porta del cosmo
Testo nº2
Incontro a Cajamarca
Morte di Atahualpa
Testo nº3
Anno 1530 - Peste
Aya Marcay Quilla
Taki Ongoy n.º2
Morte di Tupac Amaru
Testo nº4 (La grande rivolta della Diaguita - 1630/1643)
Don Juan Chalimín
Mutilazioni
La testa di Pedro Chumay
Un pezzo del mio sangue
Testo nº5
Canzone per la morte di Juan Chalimín
Testo nº6
Potosi
Testo nº7
Un dolce vasaio
Lei è con me
Una terra senza memoria
LA MIA OPINIONE
La felice idea di evocare le diverse espressioni culturali di sei popoli nativi alleviava una parte di quel disagio insistente, ossessivo, quasi impotente che Taki Ongoy ha generato, genera e genererà per coloro nei quali la storia dei vinti si fa carne.
È troppo straziante riascoltare “Qué abismo abrirá sus fauces / para tragargar mi dolor”, quando il cantautore fa riferimento alla morte di Atahualpa. Travolge quanto si ribella nel ricordare che lo uccisero perché gli diedero un libro per ascoltare la parola del nuovo dio, e lui lo gettò a terra perché quel dio «non voleva parlargli» (“ Incontro a Cajamarca”). Trafigge l’anima ricordare che le ossa di otto milioni di indios marcirono nelle miniere (“Potosí”) o che ci furono donne Diaguita a cui furono tagliati i seni (“Mutilaciones”).
Perché Taki Ongoy è l'espressione più cruda, bella e pedagogica mai realizzata per denunciare uno dei genocidi più messi a tacere dell'universo e, come tale, genera angoscia, introspezione, mea culpa, catarsi, conoscenza. Da qui la validità di constatare la continuità di una cultura. La sopravvivenza del rovescio della medaglia di cui Heredia parla nel prologo. La cultura che sottende “doloroso e malinconico” in un inconscio fatto di due fanghi.
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