Home » , » Quel che rimane di Patricia Cornwell è Un libro con tanto di vittime, indagini e sospettati.

  Quel che rimane (All That Remains) è un romanzo della scrittrice Patricia Cornwell pubblicato nel 1992. Richmond, Virginia. Un seri...

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Quel che rimane (All That Remains) è un romanzo della scrittrice Patricia Cornwell pubblicato nel 1992.

Richmond, Virginia. Un serial killer si accanisce sulle coppie di fidanzati. Quando della quinta coppia uccisa fa parte la giovanissima figlia di Pat Harvey, un'importante esponente politica, impegnata nella lotta alla droga, lo scalpore è enorme. Ma l'autore del delitto è il serial killer o c'è dietro una cospirazione politica? Kay Scarpetta indaga insieme Marino e alla giornalista Abby Turnbull, che troverà la morte dopo aver risolto il caso nel tentativo di ricavarci uno scoop. Sullo sfondo, la sua tormentata vicenda sentimentale con l'agente federale Mark James.

TRAMA

Sabato, ultimo giorno di agosto, mi misi al lavoro prima dell'alba. Non vidi la foschia sollevarsi come fumo da un prato bruciato, né il cielo colorarsi d'azzurro intenso. Per tutta la mattina i tavoli d'acciaio rimasero occupati dai cadaveri, e l'obitorio non ha finestre. Il fine settimana del Labor Day si era inaugurato con una catena di incidenti e una sparatoria a Richmond.
Quando finalmente tornai nella mia casa nel West End e udii Bertha passare lo straccio sul pavimento di cucina, erano ormai le due del pomeriggio. Bertha veniva a farmi i mestieri ogni sabato e sapeva per esperienza di non doversi preoccupare del telefono, che si era appena messo a squillare.
«Non ci sono» dissi ad alta voce, aprendo il frigorifero.
Bertha si fermò. «Ha suonato anche un minuto fa» spiegò. «E suonava anche prima. Sempre lo stesso tizio.»
«In casa non c'è nessuno» ribadii.
«Come vuole, dottoressa Kay.» Lo straccio riprese a scivolare sul pavimento.
Nella cucina baciata dal sole cercai di ignorare l'intrusione dell'incorporeo messaggio destinato alla segreteria. L'autunno si avvicinava: era tempo di cominciare a fare scorta di pomodori. In quel momento me ne restavano tre. E l'insalata di pollo che fine aveva fatto?
Il bip fu seguito da una voce maschile alquanto familiare. «Ehi, capo, sono Marino...»
Signore, sospirai, richiudendo con un colpo d'anca la porta del frigorifero. Pete Marino, agente investigativo della Squadra Omicidi di Richmond, era in pista da mezzanotte e lo avevo incrociato in obitorio, mentre estraevo i proiettili da uno dei suoi casi di omicidio. In teoria avrebbe dovuto essere in viaggio verso il lago Gaston, per quel che gli restava di un weekend di pesca. E io non vedevo l'ora di dedicarmi un po' ai lavori in giardino.
«Ho bisogno di rintracciarti, sto andando fuori città. Richiamami, ho il cercapersone...»
La voce di Marino era venata d'impazienza. Sollevai il ricevitore.
«Eccomi, eccomi.»
«Ehi, sei tu o è ancora quel maledetto aggeggio?»
«Prova un po' a indovinare» risposi.
«Brutte notizie, capo. Hanno trovato un'altra macchina. New Kent, l'area di sosta sulla Sessantaquattro, direzione ovest.
Benton mi ha appena...»
«Un'altra coppia?» lo interruppi, i programmi della giornata ormai svaniti.
«Fred Cheney, maschio, razza bianca, diciannove anni. Deborah Harvey, femmina, bianca, diciannove anni. L'ultima volta sono stati visti ieri sera verso le otto, mentre si allontanavano in auto dalla casa degli Harvey a Richmond, diretti a Spindrift.»
«E adesso la macchina è sulla corsia ovest?» chiesi, visto che Spindrift, nella Carolina del Nord, si trova tre ore e mezza a est di Richmond.
«Già. A quanto pare andavano nella direzione opposta, come per rientrare in città. Un'ora fa un agente ha trovato la macchina, una jeep Cherokee. Nessuna traccia dei ragazzi.»
«Arrivo subito» dissi.
Questa volta Bertha non si era fermata, ma sapevo che aveva captato ogni singola parola della conversazione.
«Appena finito qui me ne vado anch'io» disse. «Ci penso io a inserire l'allarme, dottoressa, non si preoccupi.»
Afferrai la borsetta e uscii di corsa, in preda a una sensazione di paura.
Fino a quel momento le coppie erano quattro. Ognuna scomparsa e poi ritrovata assassinata in un raggio di settantacinque chilometri da Williamsburg.
I casi, ribattezzati dalla stampa "Omicidi per due", erano del tutto inspiegabili e nessuno sembrava in possesso del benché minimo indizio o di una teoria credibile; nemmeno l'Fbi con il suo VICAP, il Programma Verifiche Incrociate Crimini Violenti, fondato su una banca dati nazionale gestita da un computer in grado di stabilire connessioni fra omicidi in serie e cadaveri di persone scomparse non identificati. In seguito al ritrovamento della prima coppia di vittime, un paio d'anni prima, la polizia locale si era rivolta alla squadra regionale VICAP, composta fra gli altri dall'agente speciale Fbi Benton Wesley e dal veterano Pete Marino, agente investigativo della Squadra Omicidi di Richmond. Poi era scomparsa una seconda coppia, e poi un'altra, e un'altra ancora. Ogni volta, prima che il VICAP venisse informato, e prima che il Centro Nazionale Informazioni sui Crimini, o NCIC, avesse il tempo materiale di diffondere via cavo le descrizioni ai dipartimenti di polizia di tutta l'America, i giovani scomparsi erano stati ritrovati in qualche bosco, morti e in stato di decomposizione.
Spensi la radio e superai la barriera del casello, quindi accelerai imboccando la I-64 verso est. Voci e immagini mi riaffiorarono di colpo alla mente. Ossa e abiti imputriditi cosparsi di foglie. I volti belli e sorridenti dei ragazzi sulle pagine dei giornali, i famigliari sgomenti e disperati nelle interviste televisive, o all'altro capo del telefono.
«Mi dispiace moltissimo, mi creda.»
«La prego, mi dica come è morta la mia bambina! Dio, Dio, ha sofferto? Ha sofferto molto?»
«La causa della morte non è stata ancora accertata, signora Bennett. Purtroppo in questo momento non so dirle altro.»
«Cosa significa non so?»
«Tutto quel che rimane sono le sue ossa, signor Martin. E con i tessuti molli se ne vanno anche le possibili ferite...»
«Le vostre stronzate mediche non mi interessano! Voglio sapere cosa ha ucciso mio figlio! I poliziotti vengono qui e chiedono se era drogato: mio figlio non ha mai bevuto, figuriamoci se si drogava! Mi ascolta, signora? Lui è morto e quelli cercano di farlo passare per uno sballato...»
"SCONFITTA DEL MEDICO LEGALE: LA DOTTORESSA KAY SCARPETTA INCAPACE DI PRONUNCIARSI SULLE CAUSE DEL DECESSO."
Causa non identificata.
Ogni volta la stessa storia. Otto giovani vite.
Tremendo. Nella mia carriera, un fatto senza precedenti.
Ogni patologo forense ha qualche caso irrisolto, ma non me ne erano mai capitati così tanti legati fra loro. Almeno apparentemente.
Aprii il tettuccio della macchina e mi sentii rinfrancata. La temperatura sfiorava i venticinque gradi, presto le foglie avrebbero cominciato a ingiallire. Gli unici momenti dell'anno in cui non sentivo nostalgia di Miami erano l'autunno e la primavera. Le estati di Richmond erano altrettanto calde, ma mancava l'effetto benefico delle brezze oceaniche che ripulivano l'atmosfera; il tasso di umidità era altissimo, e d'inverno non mi andava meglio visto che non amo il freddo. In compenso, primavere e autunni erano eccitanti, e ogni cambio di stagione mi andava diritto alla testa, inebriandomi.
L'area di sosta della I-64 nella contea del New Kent distava esattamente quarantasette chilometri da casa mia. Assomigliava a qualunque altra area di sosta della Virginia, con tavoli per picnic, barbecue per le grigliate e botti di legno come bidoni portarifiuti, servizi igienici in mattoni, distributrici automatiche e alberelli appena piantati. Ma non un viaggiatore o un camionista in giro: solo una distesa di macchine della polizia.
Un agente, accaldato e serio nell'uniforme grigiazzurra, mi si fece incontro mentre parcheggiavo vicino ai bagni delle donne.
«Spiacente, signora» annunciò, piegandosi verso il mio finestrino. «Oggi l'area è chiusa. Purtroppo devo pregarla di continuare fino alla prossima.»
«Dottoressa Kay Scarpetta» mi identificai, spegnendo il motore. «Mi ha chiesto la polizia di venire.»
«Per quale motivo, signora?»
«Sono il capo medico legale» spiegai.
Mentre mi scrutava dalla testa ai piedi, notai lo scetticismo che gli trapelava dagli occhi. Certo non avevo l'aria del "capo": gonna di jeans stone-washed, camicia Oxford rosa e comode scarpe da passeggio in pelle. In altre parole, ero priva dei tratti distintivi dell'autorità, compresa la macchina d'ordinanza che aspettava un nuovo treno di gomme nell'officina del dipartimento. Di primo acchito sembravo forse più una yuppie stagionatella in giro per commissioni sulla sua Mercedes grigio scuro, una svagata biondo-cenere diretta al centro commerciale più vicino.
«Mi occorre un riconoscimento.»
Frugai in borsetta fino a trovare il portadocumenti nero e sottile ed esibii lo stemma in ottone di medico legale, quindi gli tesi la patente di guida e l'agente esaminò entrambi per un lungo momento. Intuivo il suo imbarazzo.
«Lasci pure qui la macchina, dottoressa Scarpetta. Quelli che cerca sono là dietro.» Fece un cenno verso l'area di parcheggio riservata a camion e autobus. «Buon divertimento» aggiunse poi stupidamente, allontanandosi.
Seguendo un vialetto di mattoni girai attorno all'edificio e passai all'ombra degli alberi, dove venni accolta da altre macchine della polizia, un carro attrezzi con luce lampeggiante e almeno una dozzina di uomini in uniforme o in borghese. Non vidi la Cherokee rossa finché non me la trovai davanti. Giaceva sul bordo della strada, nascosta dal fogliame a metà della rampa d'uscita. Si trattava di un modello a due porte, coperto da una pellicola di polvere. Lanciai un'occhiata attraverso il finestrino del guidatore e notai i lindi interni in pelle, i bagagli ordinatamente stipati sul sedile posteriore, una tavola e un rotolo di fune in nylon giallo per sci d'acqua, una borsa termica di plastica bianca e rossa. Dal blocco d'accensione pendevano ancora le chiavi. I finestrini erano abbassati, ma non completamente. Sul declivio d'erba  spiccavano i segni dei pneumatici, mentre la griglia anteriore cromata poggiava contro una macchia di giovani pini.
Marino stava parlando con un tizio magro e biondo che non conoscevo ma che mi venne presentato come Jay Morrell, della Polizia di Stato. Aveva tutta l'aria di essere il capo.
«Kay Scarpetta» dissi di mia spontanea iniziativa, visto che Marino non era riuscito a dire altro che "la dottoressa".
Morrell mi puntò addosso i suoi Ray Ban verde scuro e annuì. In abiti civili e con baffetti più simili a una peluria adolescenziale, trasudava la spavalderia professionale che, ormai automaticamente, associavo agli agenti alle prime armi.
«Questo è quanto sappiamo al momento.» Si guardava intorno con fare nervoso. «La jeep appartiene a tale Deborah Harvey, che insieme al fidanzato... Fred Cheney si è allontanata dall'abitazione dei genitori ieri sera Verso le venti. Erano diretti a Spindrift, dove gli Harvey hanno una proprietà.»
«I genitori della ragazza si trovavano a casa, quando la coppia è partita?» chiesi.
«No, signora.» Per un attimo le lenti si voltarono dalla mia parte. «I genitori si trovavano già a Spindrift, erano partiti qualche ora prima. Deborah e Fred volevano viaggiare separati perché progettavano di tornare a Richmond lunedì. Frequentavano entrambi il secondo anno all'università della Carolina, dovevano rincasare presto per prepararsi all'inizio dei corsi.»

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