Il pendolo di Foucault, incalzante come un giallo, rigoroso come un saggio ed emozionante come un libro d’avventura.
Il pendolo di Foucault è il secondo romanzo dello scrittore italiano Umberto Eco. Pubblicato nel 1988 dalla casa editrice Bompiani (con cui Eco aveva già un pluridecennale rapporto), è ambientato negli anni della vita dello scrittore di Alessandria, arrivando ai primi anni '80.
Casaubon, l'io narrante, è dapprima studente e poi giovane professionista dell'editoria a Milano. Attraverso una serie di eventi, trova nel mito dei Cavalieri templari la sua vera raison d'être culturale e professionale.
Da tale mito tuttavia si diramano una serie di filoni che corrispondono alla parte più occulta o a quella più reietta della cosiddetta civiltà occidentale. Attraverso la scoperta di questi filoni facciamo la conoscenza degli altri personaggi del romanzo, alcuni buoni, altri meno, ma tutti interessati a qualcosa.
L'avidità di ottenere ciò che i vari protagonisti cercano manda in malora i buoni e i cattivi più deboli, per così dire. Casaubon, Belbo e Diotallevi, infatti, da un puro gioco traggono il Piano-Complotto la cui "sgangheratezza" (v. ciò che pensa del film Casablanca Umberto Eco) contribuisce a renderlo verosimile all'avido Agliè, in cerca di uno scopo verso cui indirizzare la società segreta paramassonica che capeggia.
Milano, tratteggiata con evidente nostalgia, e la campagna attorno ad Alessandria, in cui la nostalgia è un po' più artefatta, sono i luoghi italiani in cui si snoda il vissuto del libro e sono uno dei punti in comune tra Il Pendolo di Foucault e La misteriosa fiamma della regina Loana.
Parigi è insieme inizio e finale del narrato, il cui epilogo è però consumato da Casaubon nella rassegnata attesa dei suoi nemici in una stanza del vecchio casolare di Belbo.
Quest'ultimo aspetto è un tratto in comune ai cinque romanzi scritti da Eco: ciò che li rende autenticamente biografie, anche se fittizie, è il loro concludersi con la morte del protagonista-io narrante.
Il romanzo trae il titolo dal pendolo di Foucault, un pendolo libero di oscillare liberamente per molte ore: esso dimostra la rotazione terrestre.
Un esempio di pendolo di Foucault è al Conservatoire des Arts et Métiers di Parigi, dove prende inizio il romanzo; alcune scene finali, inoltre, vedono protagonista una macabra rielaborazione del pendolo stesso.
Riassumere la trama de Il pendolo di Foucault è come voler compendiare il senso dell’universo in uno o due lepidi aforismi da cioccolatino.
Il Pendolo non ha una trama, non ha un tempo e non ha un’azione. E’ la storia di alcuni redattori milanesi, tra gli anni 70 e 80, e del loro sgangherato cotè lavorativo.
Ma è anche la storia di una colossale mistificazione che, ordita con avventata leggerezza, si trasforma in un inquietante scenario con un epilogo da granguignolle. Ed è anche la storia di una sola notte di tregenda: quella del 23 giugno 1984 e di una terribile soluzione finale.
E infine la storia di un’altra notte: quella del 27 giugno 1984, nella vecchia casa di campagna di uno dei protagonisti, dove tutto viene raccontato, dove tutto sembra finito e dove tutto deve (forse) ancora misteriosamente e ancora minacciosamente cominciare.
In tutte queste storie (e in altre che il Pendolo contiene) fanno la loro comparsa con livida livrea di convitati di pietra, una sterminata serie di personaggi, di storie, di miti, di leggende, provenienti da tutto il sapere storico, tutto il sapere cosmico e tutto il sapere ermetico: dai Templari, ai Rosacroce, dai Miti Celtici, ai Culti dell’antico Egitto, dal Santo Graal , ai Vangeli Apocrifi, da Napoleone a Hitler, a Cagliostro.
Il Pendolo è una mirabolante, vertiginosa giostra di evoluzioni, tra misteri celati (o svelati), interpretati (o travisati), tra scienze occulte, società segrete complotti cosmici e… un Piano, il Piano! Quello che tre redattori editoriali si inventano per celia e per noia e che qualcuno prende molto, troppo e troppo pericolosamente sul serio.
Leggendo il Pendolo di Foucault vi si troverà molto più di ciò che è possibile raccontare. Vi si troveranno molti riferimenti e richiami che ciascuno saprà cogliere secondo la propria formazione e secondo la propria esperienza (Dante, Poe, Hammett, Joyce...) e soprattutto ci si divertirà, perché questo è davvero un libro, ancorché ponderoso, da divorare tutto d’un fiato, dalla prima all’ultima pagina.
C’è un difetto? Certo. Qualcuno ha scritto che gli manca la leggerezza. Assenza inevitabile e connaturata alla potenza delle suggestioni che emanano dal testo, potenza grave (mai greve), come talvolta deve essere l’Arte.
Si consiglia di cercare la leggerezza in Calvino o in Kundera. Ma se si desidera immergervi in qualche ora di puro godimento intellettuale, di divertimento intelligente, assorbente e coinvolgente come solo pochi scrittori al mondo sanno offrire, allora il Pendolo di Foucault del professor Eco Umberto da Alessandria fa per voi.
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Non esistono parole migliori per descrivere 'Il pendolo di Foucault' delle parole di cui 'Il pendolo di Foucault' stesso è composto. Da leggere; punto e basta. Inconfondibilmente Eco.
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