Dune il primo film di fantascienza di David Lynch, un realismo impressionante e una galassia lontana lontana.
Dune è un film di fantascienza del 1984 diretto da David Lynch, tratto dal romanzo omonimo di Frank Herbert.
Nell'anno 10191 l'umanità è diffusa tra le stelle e l'universo conosciuto è retto dal Landsraad, un sistema di tipo feudale in cui le grandi casate, che possiedono interi pianeti, sono in perenne lotta per il potere.
La trama inizialmente coinvolge quattro differenti pianeti.
Pianeta Caladan, sede della casata Atreides:
Il giovane Paul ha seguito un duro addestramento, in quanto è l'unico figlio ed erede che il duca Leto Atreides, detto "Il Giusto", ha avuto dalla sua amata concubina Lady Jessica. Jessica è però parte di un segretissimo programma genetico della Sorellanza delle Bene Gesserit. Tale programma millenario mira ad ottenere, tramite una serie di incroci di sangue tra le casate, il Kwisatz Haderach, l'essere supremo che governerà l'universo. La nascita di Paul, non prevista, ha sconvolto i piani delle Bene Gesserit.
Pianeta Giedi Primo, sede della casata Harkonnen:
Il crudele Barone Vladimir Harkonnen, nemico giurato degli Atreides, ha progettato la completa estinzione dei suoi avversari attraverso un complotto ordito con la segreta complicità dell'imperatore Shaddam IV, il quale teme la crescente popolarità del duca Leto in seno al Landsraad a causa di un'arma creata appunto dagli Atreides.
Pianeta Kaitain, sede della casata imperiale Corrino:
L'imperatore dell'universo conosciuto, Padishah Shaddam IV, subisce notevoli pressioni da parte della Gilda spaziale. I mostruosi Navigatori della Gilda vengono mutati con il gas di Spezia per essere in grado di varcare lo spazio con il loro pensiero, per trasferire da un lato all'altro del cosmo le immense navi della Gilda. I Navigatori, parzialmente dotati di precognizione, intuiscono il pericolo costituito da Paul Atreides e vorrebbero fosse eliminato.
Pianeta Arrakis (Dune) - il solo luogo di estrazione della Spezia:
Gli Harkonnen hanno abbandonato il pianeta, che avevano spietatamente sfruttato per estrarre la preziosa Spezia, sostituiti dagli Atreides, loro avversari, per ordine imperiale. La trappola è tesa e la strage sarà inevitabile. Arrakis, pianeta desertico e inospitale, è popolato da un misterioso popolo, i Fremen, in grado di cavalcare i giganteschi vermi delle sabbie. I Fremen, che chiamano il loro pianeta Dune, hanno atteso a lungo la venuta di un Messia, il Mahdi, che li guidi, dopo secoli di persecuzioni, in una sanguinosa jihad alla conquista del pianeta. Chi controlla la Spezia, controlla l'universo.
Il primo popolare capitolo del Ciclo di Dune scritto da Frank Herbert era stato spesso indicato tra i libri "impossibili" da tradurre sul grande schermo, non solo a causa della grande quantità di effetti speciali necessari (che nel 1984 non sfruttavano ancora le tecniche digitali ed erano assai costosi) ma anzitutto per la notevole complessità della trama e per il particolare stile narrativo utilizzato da Herbert nel suo romanzo, largamente basato su monologhi interiori, profondo e dotato di diversi piani di lettura, con un intreccio che coinvolge un gran numero di personaggi differenti.
Quello di David Lynch, d'altro canto, non era stato il primo tentativo di portare Dune sul grande schermo: nei vent'anni trascorsi dall'uscita del libro vi erano stati vari progetti regolarmente falliti, tra i quali quello più avanzato si doveva ad Alejandro Jodorowsky, il quale aveva coinvolto vari artisti divenuti poi famosi, da Chris Foss a Moebius a HR Giger, proponendo persino Salvador Dalí per il ruolo dell'Imperatore.
Fu il produttore Dino De Laurentiis ad affidare la regia al giovane David Lynch che volle occuparsi anche della sceneggiatura collaborando con lo stesso Frank Herbert. Costata nel 1984 la considerevole cifra di 40 milioni di dollari (45 secondo altre stime), Dune è stata considerata una delle produzioni di fantascienza più spettacolari e dispendiose della storia del cinema.
Prima di allora David Lynch - che era divenuto famoso pochi anni prima con The Elephant Man - non aveva mai girato film di fantascienza. Aveva anzi rifiutato la regia de Il ritorno dello Jedi, terzo episodio della saga di Guerre stellari, ritenendo che l'opera fosse già troppo definita dal produttore George Lucas.
Lynch dunque non si era mai confrontato con una produzione dalle dimensioni faraoniche come questa: tre anni per studiare il look insieme allo scenografo Anthony Masters (2001: Odissea nello spazio); un anno di lavorazione negli studios di Città del Messico con quattro troupe diverse in 75 set con oltre 600 persone; 6 mesi per riprese con gli attori e 6 mesi di post-produzione per gli effetti speciali.
I costumi e le scenografie di Dune furono minuziosamente curati in quanto Lynch concepiva le scene come quadri viventi: ogni pianeta ed ogni casata furono accuratamente studiati e resi con scenografie, costumi, luci e fotografia differenti. All'epoca (1984) la maggior parte del set di un film di fantascienza, dalle astronavi ai grandiosi palazzi, doveva essere costruito materialmente usando in genere modelli in scala ridotta e sfruttando infine il montaggio per celare errori ed imperfezioni. Lynch pretese la costruzione di enormi scenografie, spesso in scala naturale (per questo tornò utile l'esperienza del modellista Kit West, costruttore di astronavi nella saga di Guerre stellari. Nonostante gli sforzi oggi gli effetti speciali risentono dei limiti tecnici dell'epoca (a partire dagli anni novanta, grazie alla grafica computerizzata, l'utilizzo degli effetti speciali in fase di post-produzione comporta la riduzione di tempi e costi). Per dare vita ai titanici vermi delle sabbie e agli inquietanti Navigatori della Gilda spaziale fu chiamato Carlo Rambaldi, il massimo esperto di creature meccaniche nonché "padre" di E.T. l'Extra-Terrestre.
La scenografia e i costumi sono volutamente caratterizzati da un eclettismo ottocentesco, apparentemente in conflitto con la collocazione tardo futuribile. Come è noto ai suoi lettori, nell'universo di Dune, conservativo e feudale, regna un comportamento antiscientifico da cui consegue una tecnologia volutamente arretrata. In apparente controtendenza con la filmografia fantastica anni ottanta, con luci ed effetti pirotecnici, ricorrono memorie dell'ambientazione dei racconti di Jules Verne, della filmografia storica mitologica degli anni sessanta e della fantascienza degli anni cinquanta.
L'immagine della Casa Atreides, stirpe dalle antiche ed onorate tradizioni militari[4], con il loro pianeta d'acque Caladan, è caratterizzata da un singolare stile post-barocco, tra Ludwig di Baviera e il modernismo. Il mondo degli Harkonnen, crudeli e terribili, è caratterizzato dalle atmosfere algide e le cupe scenografie del loro oscuro e inquinato pianeta, Giedi Primo.
La scelta iniziale del cast, di primo piano, fu fatta dallo stesso Dino De Laurentiis con la figlia Raffaella, produttrice del film, ed includeva Freddie Jones (The Elephant Man) nella parte del mentat Thufir Hawat, José Ferrer (Cyrano de Bergerac) come imperatore Padishah e Max Von Sydow (L'Esorcista) nella parte del dott. Liet-Kynes, il planetologo imperiale. Il ruolo femminile di Chani è interpretato da Sean Young, già celebre per Blade Runner.
Gli altri ruoli furono coperti con maggiori difficoltà: Brad Dourif dopo qualche riluttanza fu convinto a interpretare Piter DeVries, il mentat malvagio; al tedesco Jürgen Prochnow - distintosi con il bellico U-Boot 96 - venne assegnata la parte del Duca Leto il Giusto; la complessa parte di Lady Jessica, dopo vari ripensamenti, andò a Francesca Annis, già interprete di Lady MacBeth nella trasposizione di Roman Polanski. Feyd-Rautha, l'ambiguo e spietato pupillo del barone Vladimir Harkonnen (Kenneth McMillan), fu interpretato dalla rock star Sting (all'epoca leader della band The Police). Inizialmente era stato proprio Sting uno dei candidati per la parte principale, quella di Paul Atreides/Muad'dib.
Per la parte del protagonista furono visionati oltre cento nastri di attori, conosciuti e non, prima di arrivare alla scelta di Kyle MacLachlan. L'allora sconosciuto MacLachlan, che divenne un attore-feticcio di Lynch per i suoi film successivi, era un autentico appassionato del libro di Herbert e si dimostrò perfetto nella complessa parte di Paul, giovane rampollo tormentato da sogni e visioni mistiche, che matura e diventa il capo e il messia dei Fremen.
Tra i numerosi altri personaggi che hanno parte nella vicenda da segnalare Gurney Halleck, il maestro delle armi di Paul, interpretato dall'attore shakespeariano Patrick Stewart (rimasto poi celebre per un altro ruolo fantascientifico, quello del capitano Jean Luc Picard nella serie tv Star Trek: The Next Generation) e la Shadout Mapes (Linda Hunt). L'attrice italiana Silvana Mangano, moglie di De Laurentiis, impersonando la Reverenda Madre Ramallo delle Bene Gesserit, presta in questo film la sua penultima interpretazione.
Da sottolineare che gli intimi pensieri dei personaggi vengono resi attraverso una voce fuori campo, scelta molto discussa, dato che molti "puristi" tra critici e cineasti ritengono che tale funzione dovrebbe essere svolta dai dialoghi.
Per la colonna sonora furono utilizzati brani tratti da Beethoven, Mahler, Šostakovič e Cherubini, eseguiti dall'Orchestra Filarmonica di Vienna e dalla rock band dei Toto. La musica sinfonica e il rock, gli strumenti tradizionali e i sintetizzatori si fondono in un insieme armonico di antico e nuovo.
Il film, che aveva suscitato una forte attesa per la notorietà dei libri di Herbert, alla sua uscita fu oggetto di numerose critiche e ottenne un successo commerciale inferiore alle aspettative: costato circa 40[2]-45[3] milioni di dollari, ne recuperò soltanto 31 negli USA.[2][5] In Europa il film fu invece per numerose settimane in cima alle classifiche del botteghino. Malgrado le critiche, il film è considerato oggi tra i cult del cinema di fantascienza e ha recuperato abbondanti guadagni nel mercato dell'home video.
La trama effettivamente risulta complessa e talvolta oscura (specie per chi non ha letto il romanzo), e questo malgrado gli sforzi del regista, che scrisse ben sei bozze diverse prima della sceneggiatura definitiva. La difficile comprensione deriva in parte dalla complessità insita nel romanzo originale, ma anche dai pesanti tagli che furono operati dalla produzione sulla versione finale della pellicola per contenerne la durata.
Sull'autentica lunghezza della pellicola[6] e sulle sue ipotetiche versioni "perdute" si sono diffuse varie dicerìe e leggende, tra cui quella di una misteriosa "versione integrale" di 5 o 6 ore che nessuno ha mai visto. È possibile che tale diceria sia stata alimentata da alcune dichiarazioni dello stesso Herbert, il quale nell'introduzione del libro La strada per Dune, successiva al film, ha scritto: «Ho avuto la possibilità di influenzare alcune decisioni riguardo al film, anche se non sono stato capace di imporre la mia idea sul finale o sui tagli per la versione che sarebbe stata proiettata al cinema. Delle cinque ore originali del film, dalla sala di montaggio sono emersi soltanto i due quinti. Che cos'è stato tagliato?». In realtà è abbastanza normale che un film arrivi al momento del montaggio con svariate ore di girato, che viene selezionato proprio in quella fase.
Per contenerne la durata, alla fine furono effettivamente tagliate molte scene dal film, ed almeno un personaggio minore fu interamente eliminato (si tratta della moglie che Paul "eredita" da un Fremen ucciso in duello).
È invece falso che la versione di Dune distribuita nei cinema sarebbe derivata dalla "cannibalizzazione" di due film diversi (Dune e il suo seguito).
Anni dopo, rimontando alcune delle scene tagliate, fu messa assieme una versione estesa del film per la televisione, la cosiddetta versione Allen Smithee, della durata di 190 minuti, ma tutt'altro che eccelsa nel montaggio, tanto da essere rinnegata dal regista stesso (il cui nome fu appunto sostituito con Allen Smithee, uno pseudonimo usato da vari registi).
Dopo quasi 20 anni dall'uscita del film, nel 2000 è stata tratta dal libro di Herbert una miniserie televisiva dal titolo Dune il destino dell'universo (Frank Herbert's Dune) che ambiva ad una maggiore aderenza al romanzo originale (grazie anche ad una durata complessiva di 273 minuti). Seppure con un budget assai più ridotto, questa miniserie appare a tratti un remake del film di Lynch, per la somiglianza di numerose scene e dialoghi. Tale miniserie ha avuto un seguito nel 2003 con I figli di Dune.
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