L'uomo del giorno dopo è un romanzo post apocalittico con la giusta carica di ottimismo.
Tra le "cronache del dopobomba" si inscrive con particolare attualità questo romanzo di David Brin, scienziato e scrittore di fantascienza, già vincitore dei Premi Hugo e Nebula con "Le maree di Kithrup" (1983).
Già pubblicato dall'Editrice Nord con il titolo "Il simbolo della rinascita", "L'uomo del giorno dopo" rivela tutto il sapore sinistro dello sfondo su cui si svolge la vicenda, se ritraduciamo in inglese: "The day after".
Una parabola post apocalittica con la giusta carica di ottimismo, ispiratrice dell'omonimo film diretto e interpretato da Kevin Costner.
Trama.
Un conflitto nucleare, gli USA ridotti a livello preindustriale con piccole comunità di sopravvissuti al lungo inverno atomico che tentano di ricostruire una forma accettabile di convivenza e di civiltà. I cattivi di turno: gli Holnisti, sorta di setta militar-feudale che aspira a sottomettere con la violenza quanto più può del rinascente mondo. E dentro tutto questo "Il Postino", Gordon Krantz, un vagabondo cantastorie che, per aver indossato una vecchia divisa recuperata al cadavere di un postino, diventa un simbolo di speranza nel ritorno del "vecchio mondo", degli Stati Uniti ricostituiti.
Preso nel suo stesso gioco, Gordon si fa passare come un ispettore postale, e pian piano ricostruisce una struttura di comunicazione e di attesa, scontrandosi anche con gli Holnisti in una resistenza disperata. Un "costruttore di popoli" dunque? In un certo senso sì: Gordon ha chiari i criteri della rinascita: una propria responsabilità ("Che ne sarà di questi sciocchi bambini?" "Perché da qualche parte non c'è nessuno che si addossi la responsabilità di rimettere a posto le cose? Io lo aiuterei…"), una autorità da seguire, un legame comunitario sempre più ampio, un compito (ricostruire il Sistema Postale in un mondo di comunicazioni ormai interrotte). I limiti della sua azione stanno nel fatto che è un'illusione a tenere in piedi la speranza (gli USA ricostituiti non esistono, non c'è nessun Sistema Postale in atto), e che la speranza si aggrega attorno alle istituzioni, come in un Medio Evo desideroso di insegne imperiali cui rendere omaggio per la propria sicurezza. Il romanzo è stato recentemente trasposto in film da Kevin Costner, che però ha vistosamente modificato la storia impantanandosi in lungaggini e sentimentalismi. Di questi ultimi non è scevra neppure l'opera originaria, che però possiede un orizzonte ideale molto più significativo.
In un certo senso sì: Gordon ha chiari i criteri della rinascita: anzitutto occorre una propria responsabilità:
Non sarebbe tornato a Sciotown, dove aveva lasciato i sacchi della posta; ormai tutto questo apparteneva al passato. Cominciò a sbottonare la giubba della divisa con l’intenzione di lasciarla cadere in qualche fossato lungo la strada... insieme a tutte le menzogne che aveva contribuito a creare.
Spontaneamente, una frase gli echeggiò nella mente.
Ed ora, chi si addosserà la responsabilità...?
Cosa? Scosse il capo per schiarirsi la mente, ma le parole non se ne vollero andare.
Ed ora, chi si addosserà la responsabilità di questi sciocchi bambini? (p.173)
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Ciò che più mi è piaciuto di questo romanzo post-apocalittico, pieno di umanità più o meno civile, più o meno disperata, è la speranza che si respira in ogni pagina. Ero abituata a romanzi post apocalittici pieni di bestie o di eroi, di pessimismo e rassegnazione o di avventatezza e superficialità. Qui invece ogni cosa funziona: le comunità, le regole di sopravvivenza, il nuovo modo di vivere, le “città stato”. Luoghi e persone tra cui si muove il protagonista, che da disperato nullatenente diventerà simbolo e speranza di una nuova rinascita della civiltà.
RispondiEliminaBello.