Il Tempo dei Gitani, quanta magia nel Kusturica anni ’80.
“Quando Dio è sceso in Terra, ha incontrato i gitani. E ha preso il primo volo per tornare indietro”. E’ una delle frasi pronunciate dai protagonisti de Il tempo dei gitani, meraviglioso film di Emir Kusturica del 1988. La pellicola racconta le peripezie di Perhan, un giovane gitano che lascia i Balcani e si ritrova catapultato in Italia, finendo incastrato in situazioni assurde, dolorose e ben oltre il limite della criminalità.
Lungo più di due ore (ma l’edizione originale, destinata alla tv, durava più del doppio), il film è un romanzo di formazione, la storia di un ragazzo innamorato che scopre sulla sua pelle la brutalità del mondo che lo circonda. Il traffico in cui rimane invischiato riguarda gli esseri umani: bambini, disabili, persone le cui debolezze vengono sfruttate per lucrarci sopra senza pietà.
La bellezza dell’opera di Kusturica, però, più che nella trama sta nel messaggio che le è sottinteso, nella spettacolare follia che guida le azioni dei personaggi. Il talento visionario del regista serbo emerge con una poesia memorabile, superata solo da quella di Underground, che Emir girerà sette anni dopo. Non è un caso se entrambi i film sono stati premiati a Cannes: il primo per la miglior regia, il più recente – capolavoro assoluto di Kusturica – come miglior pellicola.
Girato a Sarajevo e a Milano, Il tempo dei Gitani racconta la storia di un giovane Gitano, Perhan. Il ragazzo si trova nelle mani di un branco di malviventi che trafficano con gli esseri umani nella Jugoslavia precedente alla dissoluzione della repubblica titoista. I protagonisti finiranno nell'ambiente della microcriminalità milanese.Il tempo dei gitani è il primo incontro cinematografico tra Kusturica e Bregovic, che firma musiche trascinanti e piene di magia. La colonna sonora è meno conosciuta rispetto a quella del già citato Underground, ma non le è assolutamente da meno. Le melodie più belle sono quelle lente, sognanti, che assumono addirittura toni epici nella commovente Ederlezi.
Accanto ai pezzi di Bregovic, ciò che si ricorda di più del film è l’atmosfera surreale che lo pervade: un “marchio di fabbrica” prevedibile in Kusturica, ma che – diversamente da altri suoi film, primo fra tutti La vita è un miracolo (2004) – in questo caso non è mai scontato, perché non è stravaganza fine a se stessa, ma pazzia che serve a raccontare e incantare.
Se dovessimo salvare un solo film di Kusturica, sarebbe sicuramente Underground; ma se dovessimo scegliere il più magico, il più delicato, il più soave, indicheremmo Il tempo dei gitani – difficile da vedere per chi non ama Kusturica, fantastico per chi lo adora, e magari è un po’ deluso dalle sue opere più recenti.
Interpreti e personaggi.
Davor Dujmovic: Perhan
Bora Todorovic: Ahmed
Ljubica Adzovic: Khaditza (Nonna)
Husnija Hasimovic: Merdzan (Zio)
Sinolicka Trpkova: Azra (fidanzata)
Zabit Memedov: Zabit
Elvira Sali: Danira (sorella)
Suada Karisik: Dzamila
Sedrije Halim: Ruza, madre di Azra
Doppiatori italiani.
Marco Mete: Perhan
Michele Gammino: Ahmed
Marzia Ubaldi: Khaditza (Nonna)
Francesco Pannofino: Merdzan (Zio)
Cristina Boraschi: Azra (fidanzata)
Sandro Ivano: Zabit
Miranda Bonansea: Ruza, madre di Azra
Kusturica è partito con l'idea di realizzare un film sui Doukhobors, una minoranza russa che vive in Canada, ma ha cambiato idea dopo aver letto su un quotidiano che una famiglia di rom aveva venduto un neonato in Italia. Per sviluppare la storia il regista visitò per due mesi la comunità rom di Skopje (dove poi girò la prima parte del film) informandosi sulla cultura gitana e facendosi raccontare storie che poi utilizzò per scrivere la sceneggiatura. Durante questi sopralluoghi vennero anche selezionati 120 zingari tra i quali alcuni vennero scelti per interpretare ruoli importanti nel film. In particolare la nonna del protagonista, Baba, lo zio Merdzan e il vicino Zabit. Il protagonista Perhan invece è interpretato dal giovane attore che aveva già lavorato con Kusturica in Papà è in viaggio d'affari. Il film è stato recitato in lingua romanì ed in jugoslavo.
Girando il film all'interno della realtà rom vennero inventate e improvvisate continuamente nuove scene, e questo portò ad avere una quantità di girato molto maggiore di quella inizialmente prevista dalla sceneggiatura. Molto materiale fu poi eliminato in fase di montaggio ma la televisione di Sarajevo decise di ricavarne una miniserie di sei episodi della durata complessiva di quasi cinque ore, che non fu realizzata direttamente da Kusturica ma alla quale egli diede il suo assenso.
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