Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti è una fusione complessa e troppo dilatata tra realtà fisica e metafisica.
Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti è un film del 2010 scritto e diretto da Apichatpong Weerasethakul. Il film, che tratta il tema della reincarnazione, vinse la Palma d'oro al 63º Festival di Cannes, diventando l'unico lungometraggio thailandese ad averla conquistata.
Apichatpong Weerasethakul è un regista non semplice da seguire nelle sue dilatate riflessioni sul ruolo dell'uomo all'interno di un universo composto da animali, natura ed elementi della metafisica. La storia di zio Boonme parte come l'esplorazione degli stadi finali della vita di un uomo e finisce con un viaggio attraverso le sue possibili incarnazioni passate tracciando un filo unico tra ciò che è, ciò che è stato e ciò che probabilmente sarà. Nel viaggio in questione, però, non è il racconto a mostrare quali siano quelle vite ma le immagini, e la risposta non è univoca.
Trama
Il prologo del film è costituito dall'immagine di un bufalo domestico che, dopo aver rotto il laccio che lo legava a un albero, vaga gemendo nella savana brumosa e notturna, finché si lascia guidare docilmente da un uomo che gli è andato incontro e lo ha invitato a seguirlo.
Segue poi la figura del protagonista, lo zio Boonmee, un piccolo proprietario terriero thailandese malato di insufficienza renale, che passa i suoi ultimi giorni in campagna con Jai, un immigrato laotiano suo dipendente che si prende cura di lui, e con la cognata Jen e il figlio di questa, Thong, che sono appena giunti in visita dalla città.
In una calma sera, mentre cenano nella veranda della casa all'interno del suo podere dove crescono grandi alberi di tamarindo, appaiono alla loro tavola i fantasmi della moglie Huay morta 19 anni prima e del figlio, scomparso da qualche tempo, che ora ha assunto la forma di una grande scimmia semi-umana dagli occhi rossi e fosforescenti. Non vi è nulla di terrorizzante nella loro apparizione: essi parlano con i viventi con malinconica serenità, sono da loro interrogati e rappresentano la prova che la vita non cessa con la morte ma si trasforma in un incessante ciclo di forme umane, animali e vegetali.
«Il paradiso è sopravvalutato - dice la moglie a Boonmee - non c'è niente là. I fantasmi non sono legati ai luoghi, sono legati alle persone»: l'apparizione dei due morti significa anche che Boonmee sta per morire ed essi lo condurranno - attraverso un lungo cammino notturno nella foresta ricca di suoni e di apparizioni fantastiche - fino a una grotta che rappresenta anche l'utero dove egli morirà per rinascere.
Nel centro del film è la scena, che si svolge in un ambiente naturale d'incontaminata bellezza, dell'accoppiamento di una principessa dal volto sfigurato con un pesce gatto in un lago alimentato da una cascata, sia rievocazione fantastica di una vita precedente dello zio Boonmee, sia leggenda mitologica, che ancora ricorda l'inscindibile legame di tutti gli esseri nella natura: «di fronte alla giungla, alle colline e alle valli - dice Boonmee - le mie vite passate, come animale o altro essere, emergono davanti a me».
Interpreti e personaggi
Thanapat Saisaymar: Boonmee
Jenjira Pongpas: Jen
Sakda Kaewbuadee: Thong
Natthakarn Aphaiwong: Huay, moglie di Boonmee
Jeerasak Kulhong: Boonsong, figlio di Boonmee
Kanokporn Thongaram: Roong, amico di Jen
Samud Kugasang: Jai
Wallapa Mongkolprasert: la principessa
Sumit Suebsee: soldato
Vien Pimdee: contadino
Doppiatori italiani
Ennio Coltorti: Boonmee
Lorenza Biella: Jen
Stefano Crescentini: Thong
Alessandra Korompay: Huay, moglie di Boonmee
Edoardo Stoppacciaro: Boonsong, figlio di Boonmee
Chiara Gioncardi: Jai
Marina Tagliaferri: la principessa
Rodolfo Bianchi: spirito pesce palla
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