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  Il libro completa un percorso editoriale iniziato nel 2009 con Nero a Manhattan e proseguito nel 2010 con Requiem per una pornostar. ...

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Il libro completa un percorso editoriale iniziato nel 2009 con Nero a Manhattan e proseguito nel 2010 con Requiem per una pornostar.

L’attrattiva principale della trilogia di Rune, credo possano ammetterlo anche i più sfegatati fan dell’autore, risiede proprio nel fatto che questi tre titoli rappresentano i primi passi di Jeffery Deaver nel mondo della scrittura, perlomeno per quel che riguarda i manoscritti pubblicati.

Dimentichiamo quindi l’abile tessitore di thriller che siamo abituati ad ammirare da decenni a questa parte: in questo caso ci troviamo di fronte a opere di livello qualitativo non eccelso ma che, proprio per questo motivo, possono permetterci di comprendere al meglio l’evoluzione dello stile e la sua migliorata comprensione di molti meccanismi narrativi.

Ritroviamo Rune dopo averla conosciuta come commessa di un noleggio video e in seguito come regista esordiente e appassionata di crimini.

Ora la (ex?) punk dai capelli vistosi e la curiosità divorante ha trovato una base di partenza migliore per le sue aspirazioni da film maker e lavora come assistente cameraman in un notiziario di una emittente di New York e, ambiziosa più che mai, propone a Piper Sutton, l’anchorwoman di Current Events, un servizio su Randy Boggs, uomo incarcerato dalla polizia in quanto ritenuto colpevole dell’omicidio di Lance Hopper, allora dirigente del network per cui lavora la stessa Rune.

La ragazza è convinta che Boggs sia innocente e ottiene il permesso di occuparsi del caso con un servizio tutto suo, coadiuvata da uno stagista e dal produttore esecutivo del programma di news.

E ripresa dopo ripresa, testimonianza dopo testimonianza, la regista riesce dove la polizia ha evidentemente fallito: tramite una nuova testimonianza Rune in pratica scagiona Boggs, e non le rimane che aspettare il giorno del trionfo, quello della mesa in onda del suo servizio.

Ma proprio in quella fatidica data le sue riprese scompaiono, apparentemente cancellate dal sistema, così come viene sottratta la sua copia personale. Ma, fatto ben peggiore, muore anche il nuovo testimone. La polizia, nuovamente ingannata, ritiene che si tratti di un incidente, ma Rune è convinta che la stessa persona che ha ucciso Hopper abbia poi messo a tacere il suo testimone. C’è un assassino in libertà, e Rune potrebbe essere la sua prossima vittima…

Introduzione.

Randy Boggs è innocente. Rune, ambiziosa assistente cameraman in un notiziario locale newyorkese, ne è convinta. Prove inconsistenti, indagini superficiali, testimonianze frammentarie, tutto fa pensare che dietro a una frettolosa condanna per omicidio si nasconda una grande storia che aspetta solo di essere raccontata.

Ma un uomo che si professa innocente non basta a fare notizia, questo le spiega Piper Sutton, anchorwoman di Current Events - trasmissione di punta del Network in cui la ragazza lavora -, quando Rune le propone il servizio. Trasmetterà la storia a patto che Rune non rincorra un assurdo ideale di giustizia, ma cerchi solo la verità: Randy Boggs ha ucciso o no Lance Hopper, ex capo del Network?

 

Con l'aiuto di Bradford, giovane stagista, e di Lee Maisel, produttore esecutivo del programma, Rune ricostruisce tutta la vicenda partendo dal cortile in cui Hopper è stato assassinato. Proprio lì la ragazza trova un nuovo testimone, la chiave che scagionerà Boggs e consegnerà a lei il posto che tanto sogna a Current Events.

 

Ma il giorno della trasmissione, il servizio scompare nel nulla - cancellato dal sistema e rubato dalla scrivania di Rune - e il testimone viene trovato morto. La polizia parla di un incidente, ma la ragazza comincia a sospettare che dietro ai due eventi si nasconda il vero assassino di Hopper.

 

Dopo Nero a Manhattan e Requiem per una pornostar, Jeffery Deaver ci regala l'ultima avventura della "Trilogia di Rune".

 

Nella New York dello strapotere dell'informazione, una storia serratissima, in cui dietro il paravento del grande giornalismo si nascondono volgari menzogne e pericolosi inganni.

Trama

Gli furono addosso subito dopo cena.

Non sapeva con certezza quanti fossero. Ma non faceva differenza.

L'unico suo pensiero fu: Dio, fa che non abbiano un coltello.

Non voleva che lo tagliassero. Che lo colpissero pure con la mazza da baseball, che lo colpissero con un tubo, che gli lasciassero cadere un mattone di cemento sulle mani... ma niente coltelli, per favore.

Stava percorrendo il corridoio che dal refettorio della prigione conduceva alla biblioteca, il corridoio grigio con un odore che non era mai riuscito a identificare. Acido, marcio... E, alle sue spalle, un rumore di passi che si faceva sempre più vicino.

Lo smilzo, che non aveva praticamente toccato la carne fritta e il pane e i fagiolini scodellati sul suo vassoio, aveva un passo più veloce.

Era a poco meno di venti metri da una delle postazioni dei secondini e nessuno degli agenti carcerari all'estremità opposta del corridoio stava guardando dalla sua parte.

Passi. Sussurri.

Dio, pensò l'uomo. Di uno potrei riuscire a sbarazzarmi. Sono forte e so muovermi in fretta. Però, se hanno un coltello, non c'è scampo...

Randy Boggs si voltò a dare un'occhiata.

Lo tallonavano in tre.

Niente coltelli. Per favore...

Si mise a correre.

«Dove credi di andare, ragazzo?» gli urlò il latinoamericano mentre acceleravano il passo dietro di lui.

Ascipio. Era Ascipio. Questo significava che Boggs stava per morire.

«Già, Boggs. È inutile. È del tutto inutile mettersi a correre.» Ma lui continuò. Un piede dietro l'altro, a testa bassa. Ora a una dozzina di metri soltanto dalla postazione dei secondini.

Ce la posso fare. Ci arriverò appena prima che mi raggiungano.

Dio, fa che abbiano una mazza o che usino i pugni.

Ma niente coltelli.

Niente carne lacerata.

Ovviamente, fra la popolazione del carcere si sarebbe subito sparsa la voce che Boggs era corso dalle guardie. E a quel punto tutti, persino le guardie stesse, lo avrebbero deriso alla minima occasione. Perché, se in galera perdi il coraggio, per te non c'è la minima speranza. Significa che morirai ed è solo questione di quanto tempo ci vorrà per strapparti l'anima da codardo dal corpo.

«Merda» disse qualcun altro, ansimando per lo sforzo della corsa. «Prendetelo.» «Hai il vetro?» chiese uno di loro.

Fu un sussurro, ma Boggs lo sentì. Vetro. L'amico di Ascipio si riferiva di sicuro a un coltello di vetro, l'arma più popolare in prigione perché potevi avvolgerla nel nastro adesivo, nascondertela addosso, superare il metal detector e cagartela in mano, senza che nessun secondino se ne accorgesse mai.

«Arrenditi, amico. Ti faremo comunque a pezzi. Dacci il tuo sangue...» Boggs, magro però in forma, correva come un campione di atletica, ma si rese conto che non ce l'avrebbe fatta. Le guardie erano nella postazione sette, una stanza che separava i servizi comuni dalle celle. Le finestre avevano uno spessore di quattro centimetri: uno si sarebbe potuto piazzare proprio davanti a una finestra, sbattendo le mani insanguinate sul vetro, e se la guardia all'interno casualmente non avesse alzato gli occhi verso il prigioniero accoltellato, non si sarebbe accorta di nulla e avrebbe continuato a godersi il suo «New York Post», il suo trancio di pizza e il caffè. Non avrebbe mai saputo che un uomo stava morendo dissanguato a mezzo metro alle sue spalle.

Boggs vide le guardie all'interno della fortezza. Erano concentrate su un'importante episodio di A cuore aperto trasmesso da un piccolo televisore.

Boggs accelerò al massimo, gridando: «Aiutatemi, aiutatemi!».

Avanti, avanti, avanti!

D'accordo, si sarebbe voltato, li avrebbe affrontati. Ascipio e i suoi compari. Avrebbe colpito il più vicino con la sua testa allungata.

Gli avrebbe rotto il naso, avrebbe cercato di strappargli il coltello. Forse, a quel punto, le guardie lo avrebbero notato.

Uno spot in televisione. Le guardie indicavano lo schermo ridendo. Un grande giocatore di basket stava dicendo qualcosa.

Boggs corse direttamente incontro ad Ascipio.

Chiedendosi: perché quel tipo e i suoi compari gli stavano facendo questo? Perché? Solo perché era bianco? Perché non era un culturista? Perché non aveva preso un manico di scopa appuntito insieme agli altri dieci carcerati e non si era fatto avanti per ammazzare Rano l'informatore?

Tre metri dalla postazione delle guardie...

Una mano lo afferrò per la collottola.

«No!» urlò Randy Boggs.

Cadde sul pavimento di cemento, sotto il peso dell'assalitore.

Vide: i protagonisti del telefilm in televisione che scrutavano con aria seria un corpo sul tavolo operatorio.

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